Non credo nella sfiga – Capitolo 7

Il Natale si avvicina e io vorrei solo un po’ di tranquillità in questa nuova casa che avrebbe dovuto segnare un nuovo inizio, ma sfidando la sorte avevo detto “non credo nella sfiga” e avevamo firmato il contratto di locazione il venerdì 13 del 2020, in un anno bisestile, durante una pandemia mondiale.

La casa nuova senza bagno, ormai senza la possibilità di usare la doccia o la lavatrice, l’acqua che continua a riempire i mobili che iniziano ad ammuffire. La stufa continua ad essere inutilizzabile. Io continuo ad essere apparentemente calma e a studiare per i miei corsi di volo.

20 dicembre 2020, il primo vero effettivo giorno senza bagno. “Si risolve” mi rassicuravo cercando di ignorare gli altri problemi: riscaldamento e acqua in casa. Sicuramente non immaginavo di rimanere senza un bagno per sempre. Fino a quando ho deciso di andarmene perché ad usare il giardino se anche mi ci sarei potuta abituare “è come il campeggio!” (ci scherzavo), la tazza del cesso parcheggiata in cucina, la fossa biologica aperta in giardino alla portata dei cani, l’impossibilità ad usare doccia e lavatrice, lo scavo del fossato e le innumerevoli altre sfighe, quelle no, a quelle non mi ci sono abituata. Ma tutte queste cose le suddividerò nei prossimi capitoli perché ognuna di loro merita uno spazio a sé!

Tornando alla questione del bagno, che mi ha accompagnata per tanto, con molta calma viene a farmi visita l’idraulico, per la gioia di Track! Arriva al mio quinto giorno senza cesso.

La mia routine si modifica

Ogni mattina mi sveglio, molto incazzata perché la stufa non va, scendo dal letto e metto i piedi sul pavimento bagnato e mi incazzo, cani fuori, spalanco tutto, asciugo, metto la segatura e mi incazzo nel vedere i mobili marcire (le foto più avanti), vado al lavoro, cerco di non tornare a casa fino a sera tardi e poi vado a dormire. Doccia? Poco perché l’acqua risale da sotto il cesso e si allaga tutto e sono stanca di comprare segatura, mettere e togliere, asciugare, aspirare, muffa nei mobili e se devo andare in bagno devo uscire in giardino! Vorrei urlare, vorrei picchiare qualcuno, vorrei dire al mondo che tutto ciò non è giusto, ma ci sono effettivamente cose ben più gravi di una casa in disfacimento. Sto bene? Forse si, fisicamente sembra di si, sono stanca, inizio a perdere molti capelli e arriva la prima cistite… Bellissimo dover andare in bagno ogni pochi minuti. Ah, ma io non ho un bagno! Fuori fa freddo? Più o meno come in casa perché io non ho un riscaldamento funzionante.

“Come stai?” chiedo ad un amico. “Bene e tu?”. Sono fuori dall’ufficio, ancora nel furgone, ho il telefono collegato al caricatore, dovrei scendere ma non ne ho voglia. Guardo fuori, rileggo il messaggio “…e tu?”.

Io? Come sto io? Non è una domanda di cortesia, è una persona che un pochino mi conosce e sa cosa mi sta succedendo ed è l’unica persona a cui posso raccontarlo perché una storia così ha iniziato ad essere assurda dopo la prima settimana. Quindi, come sto?

Sono ancora lì, con il telefono in carica perché non mi ero fidata ad attaccarlo a casa con il muro bagnato e la presa della corrente sotto il letto affianco ai kennel dei cani. Il salvavita era già scattato qualche giorno prima. Il telefono adesso è carico. Come fa ad essersi già caricato? Senza accorgermene è passata un’ora, ma non sono in ritardo, ero scappata da casa con molto anticipo.

“Adesso rispondo al messaggio” penso ripiombando nella realtà e nel presente. “Mi manca l’aria, non riesco a respirare”.

La persona del messaggio sapeva benissimo che una terapia efficace per me sarebbe stato un voletto! Passeggio, scatto foto, vado con i pattini e programmo il prossimo volo. Buon Natale 2020.

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